Politica da cabaret: l’esempio dell’Emilia Romagna e il futuro del Trentino
Il linguaggio politico continua a perdere lo spessore che gli compete in vista delle elezioni regionali.

La politica è come un gioco: due forze contrastanti cercano di tirare un capo della corda nel tentativo di far cadere in fallo l’avversario. I trucchi per governare il meccanismo, poi, sono sempre più eclatanti, sensazionalistici e teatrali. Lo sa bene Matteo Salvini che ha dovuto fare i conti con il secondo fallimento in Emilia-Romagna. Il leader leghista ha cercato di espugnare l’avamposto rosso per eccellenza mettendo in campo il meglio del suo charme: il famoso sketch del citofono ha sedotto molti italiani, molti altri li ha indignati. Al di là del risultato elettorale che è stato ampiamente discusso dalle testate giornalistiche di maggior rilievo e dai programmi TV più seguiti dal grande pubblico, però, è interessante notare in che modo l’esempio dell’Emilia-Romagna può essere d’aiuto per comprendere la situazione trentina.
Gli italiani sono stanchi di assistere al gioco politico. La politica è altra cosa: c’è chi la fa bene e c’è chi la fa male, inevitabilmente. C’è chi invoca una caccia alle streghe sotto lo slogan “Lei spaccia?” e c’è chi preferisce ripartire dal basso allo scopo di sensibilizzare un comportamento civile ed etico sempre più desueto. Le sardine - al di là dell’opinione che ogni cittadino può avere - sono state in grado di risvegliare una coscienza da tempo anestetizzata. I dati parlano chiaro: l’Emilia-Romagna ha sensibilmente aumentato il numero di elettori votanti nelle ultime regionali (67,67%, con 30 punti in più del 2014.) La mobilitazione che il nuovo movimento popolare sta organizzando sul nostro territorio, inoltre, lascia presagire uno scontro duro e ad armi pari: non è forse errato prevedere un’altra sconfitta del centro destra. Ai posteri l’ardua sentenza!
Il rischio è che i partiti politici cadano vittima del ruolo sensazionalistico che viene imposto dalla loro stessa natura. “Che cos’è la destra? Cos’è la sinistra?” cantava una voce coraggiosa e fuori dal coro più di vent’anni fa: la domanda non è affatto anacronistica. Un leader che intende dar voce ai bisogni del popolo deve essere in grado di operare senza essere etichettato a priori per la sua appartenenza; è così impossibile professarsi di sinistra senza essere additati come comunisti a favore dei centri sociali e della legalizzazione delle droghe leggere? Abbiamo davvero bisogno dello stereotipo del rappresentante di destra xenofobo, razzista e con un anelito fascista privo di fondamento? Abbiamo necessità di etichettare la realtà in un contrasto “bianco o nero” - che sfocia molto spesso in “buono o cattivo” - senza saper accettare che la nostra società è complessa, difficile da gestire e molto esigente?
L’Emilia-Romagna ha risposto a gran voce in questi giorni e ha espresso con forza la sua opinione: no, si possono ancora ribaltare le carte in tavola e fare la differenza. Siamo ancora in grado di sfuggire all’odio dilagante di una classe politica che comunica a un popolo reattivo e bisognoso di un’azione concreta ed edificante. Come già detto, l’arrivo delle sardine previsto nel nostro capoluogo sarà un punto di partenza per tornare a riflettere sul futuro politico e sociale della nostra comunità. Una cosa è certa: lo schieramento partitico ha finito per creare una Commedia priva di fondamento in cui i personaggi in scena hanno perso carica e forza comunicativa. Trovare un nuovo linguaggio con cui far politica è forse il primo passo per dimenticare la situazione in cui versa il nostro Paese.