Caro Direttore...

Avviene raramente di leggere un articolo, un libro o qualsiasi altra produzione testuale, e pensare “sembra proprio che sia stato io a scrivere queste parole.” Non nascondo che il cambiamento radicale dettato dalla crisi pandemica #COVID-19 abbia brutalmente impattato su ogni livello delle nostre vite; educazione, salute, economia, cultura e #politica hanno cercato di trasmettere un’immagine di ripresa forte e decisa – seppur dolorosa – che in ogni caso continua ad essere fortemente impedita dall'incertezza e dalla paura del domani. Da osservatore silenzioso delle dinamiche che Lei stesso ha descritto, non posso fare a meno di provare amarezza per una dilagante noncuranza della classe amministrativa contemporanea.
Le elezioni che si susseguono nel corso del tempo, dopotutto, assumono sempre più il carattere di una “vecchia rimpatriata” tra compagni di scuola. In prossimità di un voto, presunti amici, conoscenti e familiari di quinto grado tornano sui propri passi alla ricerca di un sostegno – tanto becero quanto insignificante – che dovrebbe pur servire da trampolino di lancio nel mondo politico contemporaneo. Non solo - mi chiedo - con quale amor proprio questi individui pretendono di controllare e influenzare attivamente un #diritto inalienabile del cittadino, ma anche per quale motivo si ostinano a ridurre la politica ad un gioco di forza, come si trattasse di una partita di tiro alla fune.
La testimonianza che desidero condividere con Lei affonda le sue radici nel trattamento che io stesso ho amaramente subito nel corso della mia attività. Al termine delle elezioni, la manica di “amiconi” che si era improvvisamente palesata nel mio orizzonte interpersonale, ha rapidamente levato le tende. Eliminato, abbandonato e ignorato da coloro che, fino a qualche settimana prima, continuavano a stringermi la mano e a battermi una pacca sulla spalla in segno di stima, sento di schierarmi dalla Sua parte per denunciare il miserabile temperamento di tali personaggi (per essere gentile). Questo arrivismo che nulla a che vedere con le competenze personali, con le opinioni e con le idee politiche, con la passione o con la voglia di darsi interamente alla cittadinanza, non fa altro che perpetuare l’immagine di una classe amministrativa ormai futile, inautentica e vergognosa.
La mia esperienza è a tratti grottesca, mi creda, preferisco non dire quello che ho dovuto subire da certi “personaggi” durante la campagna elettorale delle Provinciali 2018. Col voto spuntano amici ovunque, ha ragione. Eppure, se ci impegnassimo umanamente al fine di sostituire l’ipocrisia con l’onestà (quel sacrosanto diritto di esprimere le nostre opinioni senza paura del cambiamento), ecco che avremmo esempi di modernità, dinamismo e miglioramento politico. Quale fiducia deve essere votata? Quale senso di appartenenza può essere trasmesso alle nuove generazioni? Se il teatrino elettorale si fonda sull’amicizia del do ut des, sarebbe meglio gettare la spugna e ridisegnare un nuovo modo di pensare, esprimersi e crescere. Non penso esistano altri modi per comunicare l’importanza di un esercizio tanto semplice quanto discusso: quello del voto.
Forse, solo allora, i politici andranno di moda.