È in grado la Meloni di guidare il prossimo governo di centrodestra?

Si è ancora animati dal desiderio di eleggere un #Premier alternativo a Giorgia #Meloni. Tuttavia, #Berlusconi conosce a menadito le regole della politica e il valore determinante dei rapporti di forza; nel caso in cui il responso alle urne fosse netto, sarebbe disposto ad accantonare il disegno governativo coltivato da lungo tempo.
È quel che traspare dalle sue dichiarazioni. Qualche giorno fa, il Cavaliere ha ribadito che: «La signora Meloni ha l’autorevolezza per fare il presidente del Consiglio, così come molti altri candidati di centrodestra». Un importante spunto di riflessione che si somma a un altro indizio, risalente alla settimana scorsa. In un’intervista rilasciata al Foglio, Berlusconi ha affermato di ritenere il sovranismo «un’idea stupida, come stupidi sono quanti ci credono».
Siamo di fronte a un cambio di tono. L’ex premier — che pure avrebbe ricevuto pressioni internazionali per evitare la conquista di Palazzo Chigi da parte della destra — in questa fase si limita a giocare sul filo del fuorigioco senza mai farsi trovare in fallo. Fa da controcanto a Meloni sulla revisione del PNRR, sulla politica migratoria, sui provvedimenti economici, ma abilmente non lascia capire se la sua è un’azione di contrasto a FdI o solo una naturale competizione tra partiti chiamati a contendersi lo stesso bacino elettorale. Persino su un tema tanto delicato come l’eventuale percorso di FdI verso il Ppe, Berlusconi offre il proprio supporto alla alleata con modalità che sanno di gesto conciliante e, al contempo, di regale concessione.
Insomma, sulla premiership il Cavaliere non si scopre. Si limita a lanciare segnali: «Al resto penseremo dopo le elezioni». Ma non è forse vero che dal centrodestra è già stato stipulato un accordo secondo cui — in caso di vittoria — chi arriverà primo si guadagnerà la presidenza del Consiglio? «In questi giorni di liste, di patti ne sono stati disattesi tanti» - ribadisce un esponente della coalizione: «Figurarsi dopo». E sulle possibili trappole degli alleati, Meloni è già all’erta: «E che non lo so?» - rispose d’istinto, un paio di settimane fa, a chi glielo fece notare. Dentro FdI c’è chi sostiene che negli ultimi giorni il clima sia cambiato, «anche perché in Forza Italia è iniziato il posizionamento per gli incarichi ministeriali».
In attesa del 25 settembre, Meloni ha stretto accordi con i centristi, dove in molti scommettono che «Giorgia alle Politiche prenderà quanto Salvini alle Europee». In quel caso Berlusconi sa che non potrà impedirle di «entrare dal portone principale di Palazzo Chigi». E questo, tanto più se il centrodestra rinnovasse il rito di presentarsi unito al Quirinale, e Meloni uscisse dalle consultazioni con Mattarella per parlare anche a nome dei propri alleati. Se ciò non dovesse accadere e i partiti decidessero di presentarsi in ordine sparso, l’evento si trasformerebbe senza ombra di dubbio in un caso politico. E chi si assumerebbe la responsabilità di suscitare polemiche a seguito di una vittoria?
Ecco perché il Cavaliere ha poco margine di manovra, a meno di un risultato elettorale che prospettasse una maggioranza risicata a Palazzo Madama. Con ministri e sottosegretari provenienti dal Senato, basterebbero infatti poche defezioni nelle Commissioni per bloccare l’azione di governo. È a causa delle difficoltà summenzionate che Berlusconi potrebbe tentare di mettere in pratica la sua idea.
Perché il taglio dei parlamentari — varato scelleratamente senza i dovuti accorgimenti di sistema — potrebbe creare problemi di agibilità nelle Camere e aprire scenari politici inattesi. Questi ultimi si arricchirebbero di ulteriori varianti se il centrodestra vincesse le elezioni ma il Pd superasse FdI nelle urne. C’è da chiedersi se il Cavaliere, in quel caso, avrebbe la forza e la volontà di contrastare il passo alla leader di FdI, mettendo in discussione il patto dell’alleanza.